Terroir e vino: l’importanza del suolo nella viticoltura
Il vino è parte integrante della nostra cultura, un’eccellenza prodotta ad arte, generazione dopo generazione. Ne esistono infinite varietà, che provengono da differenti zone vinicole del nostro territorio, ognuna con le sue peculiari caratteristiche.
Il terreno, quindi, è un fattore critico per la produzione di un buon vino: le sue proprietà possono variare molto di zona in zona, e il suolo più adatto per far crescere un vigneto cambia anche a seconda delle tipologie di vino da produrre.
Parlando di enologia e terroir, il rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato determina il carattere e l’unicità del vino che viene prodotto.
Dopo anni di viticultura svolta con sistemi e prodotti che hanno spesso interferito in modo dannoso sul suolo, ci troviamo oggi in un momento estremamente delicato, nel quale i terreni (e il terroir) sono impoveriti.
Attaccando i microorganismi presenti nel suolo (che sono responsabili, tra le altre, della trasformazione delle sostanze organiche in nutrienti) ad oggi abbiamo sotto gli occhi un panorama preoccupante di desertificazione del suolo che porta ad un indebolimento della resistenza delle piante ed alla recrudescenza di patologie un tempo marginali.
Cerchiamo di capire meglio l’importanza del terroir e le soluzioni possibili.
Perché il terroir è così importante in viticoltura
Nella produzione vinicola il terroir è un elemento decisivo. Basti pensare che lo stesso vitigno, impiantato su terreni diversi, dà vita a uve con caratteristiche intrinseche anche molto differenti tra loro, che poi si trasmettono di conseguenza al gusto del vino stesso.
L’importanza del terroir del vino, quindi, è cruciale: potremmo dire che proprio il terroir dà al vino prodotto una sorta di carta d’identità, un’identità riconducibile quindi alle caratteristiche del suolo.
Infatti, la composizione geologica di suolo e sottosuolo – oltre a erosione e ai vari fattori chimici, fisici e biologici – concorre a creare, insieme alla microbiologia, una vera e propria impronta digitale del terreno.
In questa base entrano in gioco altri importanti elementi caratterizzanti:
- clima e microclima;
- gestione agronomica del vigneto;
- disponibilità di acqua.
A seconda di come si combinano questi fattori, otterremo un terroir specifico, che si esprimerà poi negli aromi e nella struttura del vino.
Come il suolo influisce sul vino
Il terreno, fonte di approvvigionamento di acqua e sali minerali, è la casa delle radici della pianta: abbiamo visto come un vitigno “reagisca” in modo differente a seconda di dove viene piantato.
Tramite le radici affondate nel terreno e l’attività microbiologica ad esse connesse, la vite assorbe tutte le sostanze che finiranno poi per caratterizzare il colore del vino, i suoi profumi e le sue caratteristiche al palato.
Nei terreni vocati alla viticoltura, il terreno può essere suddiviso in due strati: lo strato superficiale, che è quello che viene lavorato durante la coltivazione, e uno strato che si trova più in profondità, la “roccia madre”, che non è altro che la conformazione geologica originaria della particolare area presa in esame.
La roccia madre, con le sue caratteristiche geologiche specifiche, è quella che determina molte delle scelte agronomiche che concorreranno al risultato finale della coltivazione, quella che va tenuta in primaria considerazione prima di decidere di piantare un vitigno.
In genere, la vite cresce su terreni non particolarmente ricchi e fertili, ma che contengono nella loro composizione le seguenti componenti mineralogiche caratterizzanti:
- scisti, cioè rocce metamorfiche che si sfaldano in lastre piuttosto sottili;
- marne, rocce sedimentate che contengono una componente argillosa e una carbonatica (calcite o dolomite);
- calcare, formato grazie alla decomposizione e al processo di mineralizzazione di organismi con guscio calcareo;
- argille, cioè sedimenti molto fini di alluminosilicati formati dal dilavamento delle rocce e ricchi di materiali organici trasportati da ambienti acquatici.
L’altra facies fondamentale del suolo: la microbiologia
I terreni presentano tutti diverse caratteristiche biologiche: al loro interno troviamo una microbiologia complessa connessa con la roccia madre, il clima e la coltura presente su quel terreno.
Dalla microbiologia dipendono la reattività, la fertilità (o l’ospitalità) di quel terreno nei confronti della coltura che viene coltivata.
La microbiologia, quindi, si pone alla base della fertilità potenziale, che dipende anche dalla disponibilità di nutrienti e minerali organici. Una fertilità che diventa reale ed effettiva proprio perché ci sono microrganismi del suolo responsabili di tutti i processi biochimici che si verificano all’interno del terreno e, in ultima analisi, dell’efficienza fisiologica della radice e della resistenza e buona salute della pianta.
Grazie a tutto questo, troviamo nei prodotti finali maggiori concentrazioni di zuccheri, sostanza secca, polifenoli, aminoacidi del frutto, oltre che una maggiore resistenza agli stress antibiotici, ad alte temperature e siccità, biotici e patogeni (come la peronospora o l’oidio e la botride).
Il tutto nasce nelle radici, dove crea un rapporto sinergico o simbiotico che è fondamentale per lo sviluppo di un’ottima pianta.
In conclusione, possiamo dire che senza una buona complessità microbiologica (o fertilità biologica), anche il miglior terreno vocato per la vite non potrà esprimere al meglio il suo potenziale produttivo e qualitativo. E, di conseguenza, il suo terroir.
Terroir e rigenerazione dei suoli con i microrganismi probiotici delle piante
In questi ultimi anni i terreni hanno subito un impoverimento sostanziale: l’uso di pratiche esclusivamente chimiche, che hanno inciso profondamente sulla composizione e numerosità delle popolazioni microbiologiche originarie dei suoli, ci ha lasciato terreni sulla soglia della desertificazione, che non offrono le condizioni per una crescita equilibrata e sana della vite.
Ottenere vigneti sani e resistenti, che producano la massima qualità potenziale (e che esprimano perciò il terroir di quel sito), è possibile sfruttando tecniche di coltivazione microbiologica probiotica, che permettono di ripristinare ed incrementare la fertilità microbiologica del suolo e di conseguenza la resistenza e la produttività della vite, e ottenere uve per vino eccellenti.
Per far sì che questo accada è necessario che il terreno contenga la giusta quantità e complessità di microrganismi probiotici delle piante. Questi, detti anche PPM (plant probiotic microrganism), sono l’insieme di tutte le diverse specie di batteri, funghi, protozoi, nematodi utili e micorrize che costituiscono la parte viva del suolo, responsabili di numerosi processi biochimici di vitale importanza per la pianta, come:
- solubilizzare gli elementi nutritivi;
- stimolare una maggiore radicazione;
- aumentare la capacità di assorbimento;
- massimizzare le attività di fotosintesi, sintesi degli zuccheri e sintesi delle proteine.
IPPM permettono perciò di aumentare il benessere della pianta, la sua efficienza fisiologica e la resistenza agli estremi del clima ed alla pressione dei patogeni.
Non a caso, recenti studi dimostrano che i caratteri olfattivi e gusto-olfattivi delle diverse denominazioni di origine dei vini, siano dovuti più alla microbiologia del suolo che alla sua natura geologica.
Possiamo quindi dire che la rigenerazione dei suoli e il terroir li fanno i microrganismi probiotici delle piante!
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